Terapia e Trauma. Quando un paziente non racconta o non ricorda cosa è successo. Intervista ad Alessandra Catania.
IL VASO DI PANDORA·MARTEDÌ 11 LUGLIO 2017
di Paola Di Lazzaro
Alessandra Catania è una psicologa e psicoterapeuta, specialista in Terapia Cognitiva, terapeuta EMDR. Si occupa di trauma e dissociazione, con particolare attenzione alla diagnosi. Lavora a Milano a In.Thera – Centro per l’integrazione mente corpo in psicoterapia.
Alessandra, una delle grandi difficoltà da parte delle persone che hanno subito un trauma, specie un trauma da abuso, è quella di raccontare la propria storia. Perché?
Come potrebbe essere il contrario? Al di là di qualsiasi considerazione psicologica, si tratta di una cosa intima e dolorosa, e di cose intime e dolorose non se ne parla volentieri. Soprattutto nei traumi da abuso, quello che è accaduto è accaduto perché la persona non ha avuto la possibilità di difendersi e il raccontarlo riattualizza gli stessi sentimenti, di impotenza e senso di soverchiamento. In molti casi inoltre si tratta di traumi relazionali ripetuti, che hanno minato alla base la fiducia verso gli altri esseri umani. Essendo traumi complessi, sentire che un altro essere umano possa essere d’aiuto non è scontato, anzi. Inoltre non dimentichiamo che spesso tra i sentimenti principali delle vittime di abuso troviamo la colpa, colpa di essere in qualche modo causa di quanto accaduto e colpa di non aver fatto nulla per impedirlo, con un profondo senso di vergogna che rende ancora più complesso condividere con altri la propria storia.
Si puo’ portare avanti una terapia che curi il trauma anche nel caso in cui il paziente non fosse disposto a raccontare tutta la storia o quanto meno non nel dettaglio?
Certamente si. Esistono casi in cui il paziente non solo non è disposto a raccontare ma non ricorda cosa sia successo. Le ragioni principali per cui un paziente non vuole o non può raccontare la propria storia sono diverse. Ad esempio gli eventi potrebbero essere relativi al periodo pre verbale (prima dei tre anni) e quindi antecedenti alla capacità dell’essere umano di costruire una narrativa dell’evento stesso. Un’altra ragione potrebbe essere l’evitamento, uno dei principali sintomi del disturbo post-traumatico. Per cui la persona non solo eviterà intenzionalmente di parlarne ma eviterà, altrettanto intenzionalmente, anche tutti i pensieri, le sensazioni, le emozioni e le situazioni (compresi i luoghi) associati all’evento traumatico. Infine il paziente potrebbe aver dissociato l’informazione, ovvero averla archiviata nella memoria “separatamente” assieme a tutti gli altri ricordi. Tutto questo per dire che il punto non è dire cosa sia realmente successo: la cura si basa sugli effetti che determinate esperienze hanno nel qui ed ora, si lavora sul presente e sulle attivazioni, emotive e corporee, che si manifestano nel presente, non sul ricordo di un evento. Certamente EMDR e Terapia Sensomotoria sono tra le terapie più indicate in caso di trauma.
Spesso invece capita che i ricordi arrivino all’improvviso, sconvolgenti come un fulmine a ciel sereno. Perchè la mente rimuove? E perchè invece ricorda il trauma?
Può capitare perchè, come dicevamo prima, la mente non rimuove, ma dissocia. La dissociazione viene definita nel DSM-5 come “seprazione di gruppi mentali della consapevolezza (…) la separazione di un’idea dal suo significato emotivo e dall’affetto collegato”, ma il corpo, in particolare, ne tiene memoria. Per cui può capitare che nella vita quotidiana ci siano delle “cose” dei trigger – situazioni, dettagli, stimoli in generale, – che vengono processati nel cervello come fossero degli indizi che l’evento traumatico sia ancora in corso. Il cervello, una macchina straordinaria, si attiva per proteggersi 10 volte più velocemente di quanto invece possa organizzare il pensiero, rendendosi conto di quello che realmente sta accadendo. Ed eccoci poi al perchè il ricordo torna. Può essere improvviso e sconvolgente quando è un trigger a riportalo alla memoria o può essere una conseguenza della terapia e il risultato del lavoro di integrazione fatto con il terapeuta al sicuro, in un luogo protetto. E allora l’effetto sarà ben diverso, l’evento traumatico non verrà cancellato ma diventerà un ricordo, certo un brutto ricordo, ma le emozioni e le sensazioni generate una volta elaborate potranno essere reintegrate nel sistema. Evidentemente il processo sarà tanto più complesso ed eleborato quanto più complesso sarà il trauma.
Sul forum de il Vaso di Pandora molte persone raccontano che quando hanno iniziato a parlare dei loro traumi con amici, parenti, partner, si sono sentiti non compresi, non accolti, non ascoltati. Perchè succede?
In questo caso dobbiamo provare a guardare la faccenda da due prospettive. Dal punto di vista della persona traumatizzata c’è spesso la convinzione che chi non ha vissuto la stessa esperienza può solo immaginare ma nessuno può comprendere realmente cosa significhi vivere quell’esperienza. Inoltre non possiamo dimenticare che soprattutto nei casi di traumi relazionali può capitare che parenti e partner siano, sia pur indirettamente, coinvolti, conoscano la persona abusante e abbiano un legame affettivo con lei. Accettare quello che realmente è accaduto vuol dire mettere in discussione anche se stessi. Mettendoci invece nei panni di chi riceve la confidenza, sentire un’altra persona in difficoltà, magari a rischio di vita, è un’esperienza estremamente disturbante che porta il cervello dell’ascoltatore a proteggersi. Non vanno biasimati. Semplicemente può essere troppo per loro.
Perchè scrivere su un forum come Pandora può essere di aiuto ai survivor?
Peer support lo chiamano gli americani. Supporto tra i pari. Condividere la propria esperienza ma anche i sintomi, quindi le conseguenze cui hai portato, con altre persone che hanno vissuto esperienze analoghe è l’esperienza mancante. Sentire comprensione e condivisione verso ciò che si è vissuto è terapeutico. Poter essere ascoltati e accolti nella propria esperienza esorcizza i timori di critica, giudizo e colpevolizzazione tanto temuti dalle vittime. Un forum come Pandora può aiutare i survivor a superare i sentimenti di solitudine e inaiutabilità che spesso li caratterizza. La grande forza del gruppo non è solo scoprire di non essere soli ed aver vissuto certe esperienze o ad aver sperimentato certi sintomi, spesso terrorizzanti (ad esempio derealizzazione e depersonalizzazione o sentire le voci) ma è anche sapere che qualcuno ce l’ha fatta, che può fare stare meglio.