Rompere il legame con l’abusatore: perché a volte è così difficile?
12 ragioni per spiegare il legame che unisce le vittime di abuso ai loro abusanti.
Alcuni sopravvissuti sono stupefatti e frastornati in prima persona per i sentimenti confusi e ambivalenti che provano per chi ha usato loro violenza. Perché questo accade? Perché una donna abusata dal padre lascia che sia lui ad accompagnarla all’altare il giorno del matrimonio? Perché una donna maltrattata dal patrigno continua a frequentare le riunioni di Natale? Perché un figlio abusato sessualmente dalla madre continua a mantenerla e farla vivere in casa con lui? Ecco alcune delle ragioni:
Sé danneggiato: si è visto che tutti i bambini che hanno subito un abuso sviluppano un’immagine profonda di sé come cattivi, sbagliati, diversi, peggiori. Si convincono di aver causato in qualche modo l’abuso così da preservare l’immagine di chi è importante per loro e, nel caso della madre e del padre, ancora di più, visto che sono coloro su cui devono dipendere per cura e protezione. Il sentirsi colpevoli resta fin quando non comincia il processo di guarigione, attraverso il quale si arriva a comprendere che l’abuso non dipende mai dalla colpa di un bambino. In questo processo di guarigione la responsabilità viene rivolta più realisticamente verso gli abusanti, anche se molti sopravvissuti sanno che questo è più facile a dirsi che a farsi.
Colpa: nel caso, ad esempio, che sia uno dei genitori o comunque un adulto, il bambino si sente in dovere di ubbidire, perché così gli è stato insegnato, e si sente in colpa perché disubbidendo non è un bravo bambino; gli abusanti potrebbero essere anche delle persone a tratti gentili e amorevoli verso le vittime.
Paura/Preoccupazione per gli altri membri della famiglia: alcuni sopravvissuti vengono minacciati con le conseguenze che svelare il segreto potrebbe avere sulla quiete familiare. La famiglia sarebbe rovinata, il padre o l’abusante passerebbero i guai o, addirittura, andare in prigione. Alcuni sopravvissuti mantengono legami con i genitori abusanti per paura di far del male agli altri membri della famiglia che soffrirebbero se lo venissero a sapere.
Ambivalenza: i sopravvissuti raramente si sentono in un unico modo verso i loro abusanti, soprattutto se si tratta di un membro della famiglia o una persona che conoscono bene. Provano una combinazione tra confusione ed emozioni diverse quali amore, affetto, angoscia, ansia, paura, disprezzo, rabbia, fedeltà. Spesso gli abusanti sono “buoni” e le vittime si chiedono se sono loro che forse stanno reagendo in maniera eccessiva all’abuso. Quando gli abusanti poi non trattano bene i bambini, per questi il momento dell’abuso potrebbe coincidere con l’unico sostentamento emotivo che il sopravvissuto riceve. Una persona assettata di acqua la beve anche da un pozzo avvelenato se c’è solo quella. Spesso gli abusati, non sapendo convivere con questa ambivalenza, arrivano a credere e a dire che l’abuso non c’è stato.
Dipendenza fisica/economica: i genitori possono aver deliberatamente isolato il loro figlio da altri mezzi di sostentamento, oppure potrebbero offrirgli aiuto sottintendendo implicitamente che la vittima deve mantenere un rispettoso silenzio sull’abuso e concordare che l’abusante sia una persona meravigliosa. Gli abusanti possono continuare a tenere a sé i loro figli, anche da adulti, con la dipendenza finanziaria e la minaccia di diseredarli.
Conformarsi al silenzio da parte della vittima e di chi la circonda: il bambino non riesce a dare un senso a ciò che gli è successo. Il disorientamento, e talvolta il piacere provato, sospeso anche tra fedeltà, ansia, paura e protezione, si affida alla forza del segreto; così facendo, spesso e implicitamente si rinforza la ripetizione dell’abuso sessuale che, in questo modo, potrebbe cronicizzarsi per anni e intrappolare sempre di più la vittima e il suo carnefice all’interno di un gioco simile a un circolo vizioso. La violenza subita è quasi sempre accompagnata dall’implicito patto che ciò che è successo tra il bambino e l’adulto resterà un segreto da non raccontare a nessuno, mai, e in alcun modo e occasione. È veramente terribile quando la vittima sa che altri membri della famiglia sono a conoscenza dell’abuso ma continuano comunque a supportare e proteggere l’abusante.
Dolore: molti sperimentano il terribile dolore di lasciar andare l’immagine del genitore o dell’abusante “buono”, e l’atto di separazione da questi può essere vissuto come un’amputazione senza anestesia.
Religione: nella maggior parte dei credo religiosi si promuove il perdono come un valore che riflette il concetto di grazia e di remissione del peccato al peccatore stesso, quando pentito. In alcune comunità religiose però ancora oggi una visione distorta della religiosità può portare a considerare il perdono un “obbligo” , quasi un atto dovuto per compiacere Dio, i sopravvissuti sembrano quasi obbligati a “perdonare” l’abusante ma questo li fa sprofondare ancora di più in una condizione di sofferenza, di dubbio; può portare a continuare a subire ulteriori abusi, mentre la loro rabbia viene considerata un peccato o qualcosa da sopprimere.
Riconciliazione genuina: a volte l’abusante può esprimere una piena e onesta ammissione e scusarsi, cercando di alleviare il dolore che ha causato. Quando un sopravvissuto in fase di guarigione riconosce che questo atteggiamento è genuino, può fare la scelta di riprendere i rapporti con l’abusante.
Dissociazione e negazione: l’abuso sessuale può essere qualcosa di così terribile e un tradimento così lancinante che la vittima potrebbe far finta che non sia mai accaduto. La natura del trauma può portare il sopravvissuto a uno stato di confusione. Dissociandosi dai ricordi o dalle emozioni, un sopravvissuto è in grado di andare avanti nella sua vita e preservare la relazione con gli altri.
Speranza di cambiamento: una delle cose più difficili da accettare per molti sopravvissuti adulti è giungere alla conclusione che, a prescindere da quello che fanno, l’abusante non cambierà e non darà alla vittima l’amore di cui ha bisogno da sempre, anche nel caso sia un genitore. Fino a quando c’è anche la più piccola probabilità che questo accada e che l’abusante possa cambiare, la vittima si aggrappa a questo lumicino di speranza.
Legame traumatico: il legame traumatico si verifica nei bambini abusati, nelle donne picchiate, nei prigionieri di guerra e in altre situazioni in cui le persone si trovano in uno stato di cattività. Se nella sindrome di Stoccolma (segue altra news) gli ostaggi che non avevano precedenti legami significativi con i loro rapitori si sono legati in seguito al trauma con emozioni positive quali empatia, affetto, gratitudine, ecc., figuriamoci quanto può essere molto più facile per un bambino. Un sopravvissuto potrebbe portare con sé questo sentimento fino all’età adulta.
Riferimenti
- http://www.pandys.org/articles/continuingrelationshipswithabusivefamily.html