Ricordi e dissociazione
A proposito di ricordi lontani, una persona che ha subìto un trauma di abuso potrebbe dire “Non ricordo la mia infanzia molto bene”. Un’altra “Non ho molti ricordi e non ho tanta voglia di esplorarli perché ho paura che potrei ricordare qualcosa che non sarei in grado di gestire”. Una terza persona potrebbe dire “Una parte dice che mio fratello mi ha abusato e un’altra mi dice che la prima parte è pazza e che non bisogna crederle”.
Tutti gli esempi riportati appartengono a persone che potrebbero aver subìto un trauma e non voler ricordare cose che possono causare sofferenza. Avvertono però una sensazione che il ricordo stia lì, come sotto soglia. È un sapere e non voler sapere nello stesso momento. Dei ricordi chiari prima dei 3 anni non sono possibili, però ci possono essere dei frammenti. Si comincia a ricordare solitamente intorno ai 5-6 anni perché solo allora si sono formate tutte le strutture cognitive che servono per ricollocare i ricordi.
Molte persone sanno di avere dei grandi vuoti nei ricordi, altre invece non se ne accorgono nemmeno, non se ne preoccupano, dando per scontato che questi vuoti siano normali, finché non cominciano e capiscono cosa significhi veramente ricordare, ad esempio attraverso una psicoterapia.
Se un bambino subisce un abuso, potrebbe giocare sempre ai videogames per evitare o buttare fuori dalla sua consapevolezza tutto che quello che lo fa soffrire e che non vuole ricordare. Quando quel bambino crescerà e diventerà adulto, non avrà dei ricordi chiari della sua infanzia, perché la sua mente era sempre assorbita da qualcos’altro, attraverso una strategia di evitamento. Altri bambini, sempre nell’ottica di questa strategia di evitamento, possono aver passato le giornate sognando a occhi aperti, altri fissando con lo sguardo perso nel nulla per non pensare niente. Se queste persone, durante l’infanzia, hanno fatto queste o altre attività, nell’età adulta non avranno ricordi di quel periodo.
Una cosa importante da capire, dunque, è che se c’è una parte di vita che funziona nella quotidianità allora se non c’è ricordo c’è una dissociazione. Inoltre, chi soffre di un disturbo dissociativo potrebbe anche essere preoccupato del perché gli stanno facendo queste domande e provare, dunque, una reazione di vergogna.
Riferimenti
- Fisher, J. (2016). 5° Corso Internazionale “Nuove frontiere nella cura del trauma. Strutturare la cura dei disturbi dissociativi e traumatici complessi: stabilizzare la fase 1, e procedere verso la fase 2”, Venezia