Riconoscere i sintomi di un trauma in un bambino di età scolare
In questa fase che, secondo Levine, è compresa all’incirca tra i 5 e gli 11 anni, può comparire la tendenza a rivivere l’evento traumatico anche attraverso il gioco. Possono presentarsi disturbi somatici, disturbi del sonno e anche un comportamento non lineare. Spesso i bambini hanno comportamenti aggressivi, e appaiono nuove paure.
I bambini potrebbero cercare di controllare alcune di queste paure con un comportamento ossessivo, di tipo magico, ad esempio “se non faccio questo succederà una disgrazia”, “se calpesto le fessure, qualcuno che amo si ammalerà”.
Il senso di paura, di impotenza e di ansia che essi vivono in ricordo dell’evento traumatico si può inoltre manifestare sotto forma di comportamenti disorganizzati, agitati.
Pur disponendo a quest’età di un linguaggio, i bambini non riescono comunque a raccontare quello che è accaduto, proprio perché non sanno tradurre a parole i propri sentimenti. Sono in un tale stato confusionale che non riescono nemmeno a collegare e a capire cosa stanno provando. Si sentono scossi, strani, disorientati.
In questo periodo cominciano ad avere un impegno scolastico continuo che richiede maggiori abilità di concentrazione, di apprendimento e di presenza mentale. Ed è per queste ulteriori richieste da parte della famiglia e della scuola che i bambini conducono vite più stressanti e, quindi, possono emergere o accentuarsi i sintomi del trauma tanto a scuola quanto a casa.
Gli insegnanti dovrebbero, pertanto, accorgersi che i bambini sono tristi, hanno qualche disturbo del comportamento, potrebbero avere qualche deficit di attenzione.
Sarebbe, dunque, prezioso poter educare gli insegnanti e tutti coloro che ruotano intorno ai bambini a riconoscere precocemente i sintomi del trauma.
Anche in questa età i bambini possono riproporre attraverso il gioco o il disegno le scene e i dettagli di un evento traumatico.
Se hanno subìto un abuso per un lungo periodo, possono essere tormentati da vergogna, sentirsi responsabili e il segreto li allontana sempre più dagli altri. Si auto colpevolizzano, si isolano e pensano comunque che avrebbero potuto agire in modo diverso, non arrivare a quel punto e che quindi questa cosa è successa per loro responsabilità.
Ma questo non è valido solo per un trauma di abuso, i bambini pensano di essere responsabili anche di altri eventi negativi, come una separazione, una morte, un divorzio.
I bambini dunque, come abbiamo detto, comunicano meglio i loro disagi attraverso i giochi o i disegni. Sono meno frequenti, invece, in questa età i sintomi di inibizione e paralisi che segneranno il percorso dei bambini più grandi.
Quando poi il trauma non è sessuale, ma è di tipo diverso, ad esempio relativo a qualcosa accaduta ai genitori, i bambini possono cominciare a pensare che altri eventi di questo tipo potranno ricapitare di nuovo ai genitori o ad altre persone a loro care, con cui stanno imparando a entrare in relazione. E così, magari, possono cominciare a controllare i genitori e sentirsi minacciati nella loro sicurezza.
I sentimenti di dolore che non sono abituati a gestire o a manifestare a volte possono essere davvero soverchianti per loro e comunque di difficile gestione, proprio perché non conosciuti. Si sente il dolore, si è sopraffatti, ma non si sa come gestirlo. Se gli adulti ne fossero consapevoli, sicuramente sarebbero più in grado di aiutarli, dipanando questo blob di sensazioni, emozioni, immagini e pensieri da cui i bambini potrebbero essere assillati durante il giorno.
Essendo così iperattivati, possono ben presto passare a uno stato di ipervigilanza che a scuola tende a manifestarsi con irrequietezza motoria, stato di allerta a cogliere il minimo movimento da parte degli altri, sobbalzi ai piccoli stimoli, non stare mai zitti, non saper rimanere fermi al banco, distrarsi facilmente, attaccare briga con i compagni, anche con la gamba ballerina.
Chi, invece, ha uno stato di chiusura o dissociazione tende a manifestarlo come stanchezza, tendenza a sognare a occhi aperti, timidezza, rifiuto della compagnia, isolamento dai coetanei.
I maschi, in genere, tendono a prediligere i sintomi esteriorizzati, mentre le femmine tendono a interiorizzare. Per questo, i maschi saranno più bulli ed esprimeranno in questo modo la rabbia, oppure si cimenteranno in imprese pericolose; le bambine, invece, avranno la rabbia più rivolta all’interno e lamenteranno sintomi somatici, ansia e avranno pensieri di autodenigrazione.
Riferimenti
- Levine, P.A., Kline, M. (2007). Il trauma visto da un bambino. Astrolabio