Memorie implicite e trigger
Le memorie implicite sono la causa sottostante di destabilizzazione. Il paziente traumatico non ricorda, ma rivive il passato, inconsapevolmente. Le ricerche di neuroimaging hanno dimostrato che le memorie traumatiche sono immagazzinate soprattutto come risposte corporee ed emotive. Sono senza parole o immagini. Siccome sono sganciate dal loro contesto originario, non possono veicolare la sensazione interna che stiamo vivendo qualcosa che ora viene rievocato. Non riusciamo a riconoscere l’influenza dell’esperienza passata sulla realtà attuale (Siegel, 1999).
I ricordi impliciti sono, dunque, elementi sensoriali che ritornano improvvisamente. La persona che ha subìto un trauma può provare una sensazione e pensare che sia collegata a qualcosa che sta succedendo in quel momento. Questo processo può causare ulteriore destabilizzazione, in quanto non si arriva a conclusioni basandosi su queste sensazioni.
È inutile tentare di evitare persone, luoghi o lavori perché ci fanno sentire troppo attivati perché, anche se ci allontaniamo o potessimo bloccare ogni elemento della nostra vita attuale, rimarrebbero comunque solo i nostri ricordi attivanti e le sensazioni provate persisterebbero.
Conoscendo il concetto di trigger, sappiamo che il corpo quando è attivato risponde con delle reazioni traumatiche, dicendo “tu sei ancora in pericolo”. E così le persone, spesso non riconoscendo da dove arrivano questi trigger, vengono attivate da qualsiasi questione quotidiana e diventano sregolate, reattive, immobili, preoccupate e provano vergogna. E la maggior parte degli esseri umani tende a evitare tutto quello che possa scatenare quelle emozioni così spiacevoli. Evitare i trigger non funziona. Evitando i trigger, speriamo di sentirci meglio, ma ci isoliamo e perdiamo la capacità di discriminare lo stimolo. E così peggioriamo progressivamente.
Anche l’utilizzo di sostanze quali alcool o droghe tenderà a diminuire l’effetto nel tempo ma, come risultato, si avrà solo un’escalation dell’utilizzo di sostanze e della gravità delle ferite autoinflitte.
È un ciclo che sembra molto difficile da interrompere, ma non è così. Si può fare. Bisogna sapere sin dall’inizio che tutto comincia come un tentativo di regolazione delle memorie implicite.
Anche i pensieri e i comportamenti suicidari sono un tentativo di regolare il sistema nervoso, piuttosto che un tentativo di morire. Con quel tentativo si cerca solo di ottenere sollievo.
Riferimenti
- Fisher, J. (2016). 5° Corso Internazionale “Nuove frontiere nella cura del trauma. Strutturare la cura dei disturbi dissociativi e traumatici complessi: stabilizzare la fase 1, e procedere verso la fase 2”, Venezia