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L’amigdala

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Al centro del cervello vi è una piccola struttura chiamata amigdala. Questo nucleo di cellule, parte del sistema limbico, ha avuto e ha tuttora tra le sue funzioni quella di processare i ricordi delle reazioni emotive, allo scopo di garantire la sopravvivenza.

L’amigdala era indispensabile già ai tempi della sopravvivenza preistorica, quando i nostri antenati dovevano costantemente difendersi dai pericoli in un mondo selvaggio e pieno di insidie. Infatti, senza l’abilità di apprendere e riconoscere il pericolo, ad esempio quello degli animali feroci, gli esseri umani sarebbero stati a rischio di estinzione a causa dei predatori.

 

Il compito dell’amigdala, dunque, è stato sempre quello di analizzare il momento di pericolo e le emozioni intense da questo provocate, così da individuare nuovi modi per sopravvivere. L’amigdala ancora oggi passa continuamente in rassegna l’ambiente alla ricerca di segnali da associare ai pericoli di cui ha fatto esperienza, così da metterci in guardia davanti a quei rischi.

L’associazione avvenuta nel passato tra le emozioni e l’evento traumatico ha programmato l’amigdala a rispondere preferenzialmente e in modo più rapido con le stesse modalità di attivazione sperimentate precedentemente, come una sorta di meccanismo azione – reazione che si innesca in automatico e per esperienza.

Più emozioni vengono prodotte in risposta al pericolo, più è forte il segno dell’esperienza sull’amigdala. Di conseguenza, l’amigdala di una vittima di un trauma sarà sintonizzata sull”iper-allerta” per individuare ogni minimo segnale riconoscibile di pericolo. Qualsiasi stimolo, non importa quanto leggero sia, per qualsiasi motivo, riconducibile al trauma innescherà l’amigdala e farà suonare l’allarme.

 

Suoni, stimoli visivi, odori, movimenti, contatti, persino parole o pensieri simili, possono essere interpretati dal cervello come indicatori di un pericolo che si sta ri-presentando. Soprattutto i profumi e gli odori sono associati ai ricordi emotivi.

 

Una volta che l’amigdala ha percepito il minimo rischio di pericolo, “attiva” il cervello a passare dalla risposta consapevole e attentamente determinata (della corteccia frontale) alle risposte immediate, emotive e potenti di sopravvivenza delle regioni sottocorticali del cervello.

Questo processo attiva il sistema nervoso simpatico che aumenta i riflessi, il rilascio di adrenalina, il battito cardiaco e la risposta fight-or-flight, freezing o morte apparente. Le pupille si dilatano, il respiro diventa pronto alla corsa e i muscoli facciali si tendono per esprimere rabbia o paura.

L’informazione che si apprende durante un’emozione estremamente intensa viene ritenuta più a lungo e con più dettagli rispetto all’informazione non emotivamente correlata. La regione del cervello, chiamata ippocampo, forma nuovi ricordi a lungo termine e recupera i vecchi. Coloro che hanno un PTSD a causa di un trauma hanno un ippocampo che mostra segni di atrofia e di ridotto funzionamento.

Il cervello comincia a perdere la sua abilità di scegliere come immagazzinare i ricordi; il risultato di questo mancato bilanciamento tra nuovi e vecchi ricordi e di ridotta integrazione da parte dell’ippocampo è che spesso sono i ricordi stessi a “gestire” l’individuo.

Questo è il motivo per cui i bambini che hanno avuto un trauma da abuso, ad esempio, hanno tracce vivide delle loro emozioni sull’abuso e possono ricordare momenti relativi all’evento traumatico provando ancora forti emozioni, anche anni dopo. E magari possono non essere in grado di ricordare affermazioni fatte dai loro abusanti in momenti emotivamente meno intensi. È l’emozione dell’evento che lascia il segno.

Cosa fare, dunque, per aggirare il “sequestro dell’amigdala”? Innanzitutto, imparare a impedire che le emozioni prendano il sopravento sui processi decisionali del cervello; inoltre è importante elaborare il trauma da un punto di vista terapeutico fino a quando l’amigdala commetterà meno errori possibili nell’interpretare i segnali quotidiani esterni o interni come indicatori di un imminente trauma.

Riferimenti

  • Atkinson, M. (2010). Resurrection after rape. A guide to transforming from Victim to Survivor. Rar Publishing
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