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La possibilità di trauma nel trattamento medico

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La cura medica, intesa come fornire aiuto, spesso non viene considerata nell’ottica di un possibile trauma dello sviluppo. Tuttavia, gli interventi medici hanno in realtà un potenziale impatto traumatico, specialmente se implicano dolore, separazione dai caregiver, paura, procedure invasive, ed eventi medici ripetuti, ad esempio nelle condizioni croniche, nel cancro e in ferite che richiedono interventi multipli.

L’obiettivo delle cure mediche è salvare la vita, portare sollievo e/o migliorare la funzionalità. Il personale sanitario pediatrico ha come finalità quella di aiutare i bambini, non certo traumatizzarli. I genitori comprendono che quanto fanno i paramedici, i medici, gli infermieri, i terapisti della riabilitazione è a beneficio del proprio figlio. Ed è per questo che consentono di intervenire anche se ciò procura temporaneamente dolore o disagio al bambino.

I bambini piccoli, però, spesso non comprendono le ragioni del personale sanitario, il bisogno di intrusioni fisiche o le conseguenze legate all’evitarle. Persino i bambini che capiscono che i medici sono tendenzialmente di aiuto possono fare fatica ad accedere a questa consapevolezza quando sono malati.

La cura del pronto soccorso poi, in genere, è per tutti solitamente spaventosa. I pazienti possono essere terrorizzati e sentirsi impotenti e incerti. Il dolore in sé è terribile, estenuante e sovrastante.

La situazione può ulteriormente peggiorare se si tratta di bambini, che possono essere troppo piccoli per capire. Possono credere che la chirurgia è quando il dottore li taglia come verdure in un’insalata. Possono essere troppo spaventati per verbalizzare le loro preoccupazioni e gli adulti potrebbero non capire la grandezza o la specificità del terrore del proprio figlio.

Per un bambino molto piccolo, i cui genitori vengono considerati onnipotenti, questo vissuto potrebbe far oscillare il mondo dal suo asse. Caregiver spaventati possono non avere la disponibilità di fornire conforto o potrebbero farlo in un modo non consueto, familiare, non abbastanza convincente, aggiungendo confusione e terrore a quanto già sperimenta il bambino.

Le malattie e le condizioni croniche che richiedono interventi ripetuti tendono poi a essere visti come qualcosa a cui ci si deve “abituare”. In effetti alcuni lo fanno, ma per molti questi aspetti soverchianti delle cure mediche non sono necessariamente alleviati dalla familiarità. Infatti, può presentarsi un aumento dell’ansia anticipatoria e una ricomparsa dello stress, e questo non fa altro che rendere le cure sempre più angoscianti. Oppure, ancora peggio, i bambini possono credere che se sono malati è in qualche modo colpa loro, o che se lo meritano.

È molto difficile essere “bravi” – ovvero non piangere, non lamentarsi o non ribellarsi – per ridurre il disagio dei genitori. Per farlo, magari, potrebbero arrivare ad anestetizzarsi, fingere che non stia accadendo a loro, che non sia reale o qualsiasi altra strategia per affrontare questa situazione.

Riferimenti

  • Yehuda, N. (2015). Communicating trauma. Routledge

Autore/i dell'articolo

Dott.ssa Antonella Montano

Dott.ssa Antonella Montano

  • Fondatrice e Presidente della Onlus Il Vaso di Pandora, la Speranza dopo il Trauma.
  • Psicoterapeuta cognitivo-comportamentale
  • Fondatrice e Direttrice dell’Istituto A.T. Beck per la terapia cognitivo-comportamentale di Roma e Caserta
  • Fondatrice e Vicepresidente CBT-Italia – Società Italiana di Psicoterapia Cognitivo Comportamentale
  • Certified Trainer/Consultant/Speaker/Supervisor dell’ACT (Academy of Cognitive Therapy)
  • MBSR teacher. Expert Yoga Trauma teacher certificata Yoga Alliance®-Italia/International
  • Membro dell’IACP (International Association of Cognitive Psychotherapy)
  • Membro dell’ESTD (European Society for Trauma and Dissociation)

Dott.ssa Roberta Borzì

Dott.ssa Roberta Borzì

  • Componente del comitato scientifico della Onlus Il Vaso di Pandora, la Speranza dopo il Trauma.
  • Psicologa, psicoterapeuta cognitivo-comportamentale.
  • Vanta esperienza clinica in ambito adulto, e si occupa prevalentemente di tutti i disturbi d’ansia, disturbo ossessivo-compulsivo, problematiche sessuali, disturbi di personalità con la Schema Therapy, in cui è formata attraverso training specifici e supervisione con esperti del settore. Ha anche conseguito entrambi i livelli della formazione in EMDR.
  • Socio Fondatore CBT-Italia – Società Italiana di Psicoterapia Cognitivo Comportamentale.

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