Gli effetti della negazione del trauma subìto. Seconda parte
Disturbi Psicologici
La negazione del trauma subìto può manifestarsi anche sotto forma di sintomi psicologici più gravi. La Depressione, ad esempio, è un disturbo molto comune. I survivors potrebbero avere ideazioni suicidarie o esprimere minacce di suicidio durante questa fase. Se così fosse, potrebbero necessitare di aiuto e supporto professionale. La negazione e la repressione potrebbero essere state le modalità di coping per così tanti anni che quando queste difese iniziano a cadere a pezzi, può essere molto stressante.
Questo stesso tipo di negazione può verificarsi anche nel partner.
Psicologicamente potrebbe essere un individuo molto maturo, e allo stesso tempo negare che l’abuso possa creare qualunque tipo di problemi che non riesca a gestire perché pensa, erroneamente, che appartenga al passato. Per il partner tutto questo può risultare molto stressante. La persona prima sana, amorevole, “normale”, che aveva amato, adesso sembra essere qualcuno di molto diverso. Attraversare questo stadio della negazione richiede grande coraggio sia al survivor che al partner.
Negazione nella Stanza da Letto
Durante lo stadio della negazione, fare l’amore potrebbe far riemergere i ricordi e i sentimenti associati con l’abuso sessuale. Se ciò avvenisse, il survivor probabilmente avrà un minore interesse nel fare l’amore, e cercherà di mantenerlo al minimo possibile. Potrebbe addirittura trovare il sesso ripugnante e rifiutare interamente ogni approccio da parte del/la partner. Per quest’ultimo la frustrazione di non essere in grado di iniziare il sesso con successo, potrebbe produrre un senso di rabbia e risentimento. Il partner dunque potrebbe, a causa del dolore derivante dal rifiuto, volerlo contro-rifiutare a sua volta. Ma anche questo produce paura. Come riporta un partner:
“Mi arrabbio così tanto che vorrei darle un assaggio della sua stessa medicina. Eppure ho molta paura che se dico di no quando lei è interessata, ci vorrà così tanto prima che riusciremo a fare di nuovo l’amore, che alla fine non lo faccio. E allora mi arrabbio anche con me stesso per essere fatto in questo modo!”
A questo stadio il partner potrebbe dirigere la propria rabbia verso il survivor. In seguito, potrebbe rivolgerla verso l’abusante. E’ qui che incontriamo uno dei più strani aspetti del processo di cura dall’abuso: il survivor potrebbe sentire la necessità di proteggere l’abusante dal partner e dalla sua rabbia. Può accadere infatti che quando quest’ultimo esprima l’intenzione di attaccare il perpetratore, il survivor provi a proteggerlo, specialmente se non si è ancora confrontato con l’abusante relativamente all’accaduto. I partner trovano di solito questo aspetto scioccante e bizzarro.
Sto bene adesso! Una forma di negazione!
Un’altra forma di negazione che si maschera come ripresa si riflette frequentemente in affermazioni come: “Sì, sono stato abusato, ma sto bene adesso”. I terapeuti-survivors potrebbero essere particolarmente suscettibili se non hanno completato il proprio lavoro di guarigione. Sentite la negazione e la confusione nelle parole di questo terapeuta:
“Ho chiuso di lavorare su questo. Ho lavorato sulla mia aggressione. Ho tutto sotto controllo, quindi perché tutta questa roba sta riemergendo adesso?”
Il problema risiede non tanto in una negazione della violenza sessuale in sé, quanto nella negazione delle conseguenze della violenza.
Guarire dall’abuso sessuale è un lavoro duro. Richiede tempo, può diventare ossessivo e interferire con le altre attività della vita. Se, da un lato, è importante andare avanti nella quotidianità, dall’altro non possiamo ignorare il ruolo determinante del lavoro di guarigione. I survivors talvolta dicono “sì mi è accaduto, ma non ho bisogno di affrontarlo” oppure “l’ho già affrontato”. Questa è una forma molto ingannevole di negazione che spinge l’abuso e i suoi effetti sempre più all’interno, sotterrati ma insidiosi.
Collusione di Coppia
Una forma di negazione più sottile è quella chiamata collusione di coppia. Qui le due parti della coppia hanno riconosciuto l’abuso internamente a loro, ma questo è il massimo a cui sono arrivate. Potrebbero non averlo mai raccontato a nessun altro, nemmeno ai loro stessi figli. Certo, se i bambini sono piccoli, meno di 10 anni ad esempio, probabilmente non è appropriato parlarne. Ma se i figli sono adolescenti o adulti, tenerlo segreto potrebbe non essere sano, e potrebbe rappresentare un’ulteriore forma di negazione.
Riferimenti
- Hansen, P.A. (2013). Survivors & Partners. Healing the Relationships of Sexual Abuse Survivors. Heron Hill Publishing
Autore/i dell'articolo
Dott.ssa Antonella Montano
- Fondatrice e Presidente della Onlus Il Vaso di Pandora, la Speranza dopo il Trauma.
- Psicoterapeuta cognitivo-comportamentale
- Fondatrice e Direttrice dell’Istituto A.T. Beck per la terapia cognitivo-comportamentale di Roma e Caserta
- Fondatrice e Vicepresidente CBT-Italia – Società Italiana di Psicoterapia Cognitivo Comportamentale
- Certified Trainer/Consultant/Speaker/Supervisor dell’ACT (Academy of Cognitive Therapy)
- MBSR teacher. Expert Yoga Trauma teacher certificata Yoga Alliance®-Italia/International
- Membro dell’IACP (International Association of Cognitive Psychotherapy)
- Membro dell’ESTD (European Society for Trauma and Dissociation)
Dott.ssa Roberta Borzì
- Componente del comitato scientifico della Onlus Il Vaso di Pandora, la Speranza dopo il Trauma.
- Psicologa, psicoterapeuta cognitivo-comportamentale.
- Vanta esperienza clinica in ambito adulto, e si occupa prevalentemente di tutti i disturbi d’ansia, disturbo ossessivo-compulsivo, problematiche sessuali, disturbi di personalità con la Schema Therapy, in cui è formata attraverso training specifici e supervisione con esperti del settore. Ha anche conseguito entrambi i livelli della formazione in EMDR.
- Socio Fondatore CBT-Italia – Società Italiana di Psicoterapia Cognitivo Comportamentale.