Cosa si intende per finestra di tolleranza nella terapia cognitivo-comportamentale?
La cura del trauma prevede 3 fasi. L’obiettivo della fase 1 è quello di stabilire una relazione terapeutica sicura con il paziente mentre si cerca di raggiungere la stabilizzazione e la riduzione dei sintomi. Questa prima fase è così importante e imprescindibile che per alcuni pazienti la terapia si potrebbe anche concludere qui.
Una volta superata la prima fase, il paziente è in grado di processare il trauma e passare, dunque, alla fase 2 che affronta il disagio causato dalle esperienze traumatiche, come gli incubi o i flashback. Infine, nella fase 3 l’enfasi si sposta sul mondo esterno del paziente, lo si riconnette con gli altri, con le attività significative, con altri aspetti della vita. Le tre fasi sono interconnesse, dunque si può transitare dall’una all’altra in modo dinamico e flessibile.
Nella fase 1, per raggiungere una qualche forma di stabilizzazione, viene usato il modello della finestra di tolleranza (Ogden & Minton, 2000) che aiuta a stabilire l’estremo più basso e più alto all’interno del quale si dovrà collocare la regolazione ottimale dell’attivazione fisiologica.
Sebbene la terapia per il trauma richieda una certa dose di attivazione fisiologica che riflette i temi che il paziente sta affrontando in quel momento, tuttavia non deve superare un tetto. I pazienti, infatti, non dovrebbero essere inondati da un eccesso di ricordi, emozioni e sensazioni fisiche durante l’elaborazione dell’evento traumatico. Questi, infatti, rischierebbero solo di sovrastarli e diminuirebbero il senso di sicurezza e controllo che i pazienti possono esercitare sul processo terapeutico.
Un grado eccessivo di attivazione è in effetti una controindicazione all’elaborazione del trauma poiché la disregolazione emotiva viene rinforzata, rendendola controproducente. Comunque, una certa quota di attivazione è necessaria al lavoro terapeutico. Tuttavia, il trattamento è comunque possibile, anche in assenza di arousal. Questo accade con i pazienti che di solito si stordiscono con alcool o droghe.
Riferimenti
- Mooren, T. e Stofsel, M. (2010). Diagnosing and Treating Complex Trauma. Routledge