Perché i bambini mantengono il segreto
Judith Herman definisce l’abuso sessuale infantile come “qualsiasi contatto fisico che deve essere mantenuto segreto”. Il segreto finisce inevitabilmente per condizionare il legame tra l’abusante e il bambino, quando si tratta di una persona con cui quest’ultimo ha una relazione di fiducia. Inoltre, eliminando qualsiasi possibilità di intervento, il segreto “protegge” l’abusante, permettendogli di portare avanti l’abuso.
Le vittime, mantenendo il segreto anche negli anni, continuano quindi in maniera non intenzionale a proteggere l’abusante dalle conseguenze delle sue azioni.
Vediamo ora i meccanismi attraverso cui viene mantenuto il segreto.
Cominciamo dalle minacce implicite o esplicite. Sebbene queste non siano del tutto necessarie per iniziare l’abuso, considerata la prossimità fisica ed emotiva dell’abusante, possono diventarlo per rafforzare il segreto, perché con l’uso delle minacce si enfatizza il senso di impotenza del bambino.
Quest’ultimo, infatti, può venire minacciato di essere allontanato dalla famiglia se non coopera e mantiene il segreto. Gli viene prospettata la possibilità di essere mandato via, in una famiglia affidataria o un istituto. Comincerà quindi a immaginare la sua situazione futura, in cui si sentirà solo e abbandonato, morirà di freddo, di fame, non avrà più nessuno che gli voglia bene e il suo cuore, come il suo fisico, ne moriranno.
Come minaccia l’abusante potrebbe anche far del male o addirittura uccidere degli animali domestici ai quali il bambino è affezionato, dicendo che, qualora quest’ultimo parlasse, farebbe la stessa fine.
Se l’abuso è compiuto da un genitore questo spesso può far credere al bambino che sarebbe cacciato se venisse scoperto.
Quindi, il messaggio è che le scelte e il futuro degli adulti dipendono da quello che fa il bambino e questo è un potere incredibilmente grande da sopportare.
In alcuni casi, all’abusante basta far pensare alla vittima che non sarebbe creduta se parlasse, speculando sul fatto che per un bambino è normale che un adulto abbia più credibilità di lui.
Quando l’abusante è una figura di autorità, come un genitore, un prete o un medico, i pregiudizi sulla credibilità del bambino sono ancora più forti. A questo proposito, la fiaba su “I vestiti nuovi dell’imperatore” di Christian Andersen illustra fino a che punto ci si possa sentire in soggezione davanti a un’autorità. Narra come gli abitanti di un villaggio, alla vista dell’imperatore nudo a causa di una burla del sarto, pur di obbedire e assecondare l’autorità rappresentata dal sovrano, gli facevano i complimenti per il nuovo abito, senza avere il coraggio di dire che in realtà fosse nudo. Chi crederebbe a un bambino, in fondo? Anche se l’abusante non glielo dicesse, il bambino è comunque a conoscenza di questo. Sa che sarebbe invisibile, che nessuno gli crederebbe, anche davanti ai lividi o ai suoi occhi tristi e spaventati.
Anche nel caso in cui qualcuno lo venisse a sapere, il bambino avrebbe timore di aver fatto qualcosa di sbagliato, con la conseguenza di essere punito.
Inoltre, dal momento che nella quotidianità sono gli adulti a scegliere per lui (ad esempio, quando mangiare, dormire, uscire o fare il bagno) allo stesso modo il bambino crede erroneamente di dover obbedire senza ribellarsi, anche se sottoposto a un abuso.
I motivi che inducono a tacere un bambino sottoposto a un abuso sono veramente molti ed è importante descriverli dettagliatamente. Pertanto rimandiamo alla prossima news il prosieguo di questa trattazione.
Riferimenti
- Blume, E.S. (1990). Secret Survivors: Uncovering Incest and Its Aftereffects in Women. New York: Ballantine Books